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Scambio di opinioni con la Commissione Finanze e Tesoro del Senato della Repubblica italiana

Dichiarazione introduttiva di Andrea Enria, Presidente del Consiglio di vigilanza della BCE

Francoforte sul Meno, 6 luglio 2021

Vorrei ringraziare la Commissione Finanze e Tesoro per avermi invitato a questo scambio di opinioni.

L’argomento di oggi – il rischio di credito e il possibile incremento dei crediti deteriorati a seguito dello shock causato dalla pandemia – è di grande attualità e rilevanza. Sono lieto di poter esporre il mio punto di vista su questo tema, che ha per noi la massima priorità.

Illustrerò la nostra strategia attuale sul rischio di credito e gli aspetti specifici menzionati nel vostro invito, in particolare la definizione prudenziale di default e l’approccio di calendario per gli accantonamenti sui crediti deteriorati, i “non-performing loans” o NPL. Ma innanzitutto desidero rammentare che la riduzione degli NPL è sempre stata una priorità per la vigilanza bancaria europea, fin dagli esordi. Grazie anche alla continua pressione esercitata dall’autorità di vigilanza su questo tema, le banche si sono trovate ad affrontare la crisi legata al COVID-19 con una maggiore capacità di tenuta dei bilanci rispetto al passato. Sono quindi meglio attrezzate per sostenere i clienti in difficoltà durante la fase recessiva e per assorbire le perdite future connesse alla pandemia. I progressi raggiunti nella riduzione degli NPL grazie alla nostra azione di vigilanza hanno evitato sinora di dover ricorrere anche al sostegno pubblico diretto al settore bancario. La grande crisi finanziaria – su cui tornerò più avanti – ci ha insegnato una lezione fondamentale: ritardare la rilevazione e la risoluzione degli NPL causa un accumulo eccessivo di sofferenze, “intasando” i bilanci delle banche e ostacolando sia la redditività del settore bancario sia la sua capacità di sostenere la crescita economica.

Per questa ragione, la nostra risposta alla pandemia di COVID-19 ha avuto come obiettivo mitigare l’impatto dello shock, assicurando che famiglie solvibili e imprese sane piccole e grandi continuassero ad avere accesso al credito ed esortando, al contempo, le banche a rafforzare i criteri di gestione del rischio di credito adeguandoli rapidamente alle peculiarità di questo shock.

Sintesi della strategia della Vigilanza bancaria della BCE per il rischio di credito

Per affrontare in modo proattivo il possibile aumento degli NPL, abbiamo elaborato una strategia apposita per il rischio di credito. Siamo partiti dalle attività di vigilanza condotte nell’anno passato, fra cui le comunicazioni sulle buone prassi che esponevano le nostre aspettative di vigilanza e che abbiamo inviato lo scorso luglio e dicembre agli amministratori delegati delle banche da noi vigilate.

A seguito di queste comunicazioni, abbiamo avviato un esercizio di valutazione approfondita e di analisi comparata delle prassi di gestione del rischio delle banche, esaminando gli eventuali scostamenti dalle nostre aspettative. La maggior parte delle banche risponde appieno o in gran parte alle nostre aspettative; tuttavia alcune banche, che in certi casi hanno livelli piuttosto bassi di rischio di credito, devono rimediare alle carenze significative nel sistema di controllo dei rischi, che rappresenta la salvaguardia più importante contro un grave deterioramento della qualità degli attivi in futuro. Le principali aree di attenzione sono la classificazione dei prestiti – specie l’incremento significativo del rischio di credito (“stage 2” dell’IFRS 9) –, la corretta individuazione delle misure di concessione (forbearance) e la valutazione tempestiva e adeguata della probabilità di inadempienza dei debitori.

Le banche devono rilevare in modo accurato il rischio di credito nei bilanci e nelle segnalazioni prudenziali. Dovrebbero dotarsi di procedure adeguate per valutare quanto sia probabile che i debitori divengano inadempienti, in modo da non fondare la classificazione degli NPL solo sui giorni di arretrato. Il numero dei giorni decorsi dal mancato pagamento, in gergo giorni di scaduto (“days past due”), è una misura retrospettiva e ritardata della qualità dei prestiti e non coglie adeguatamente i rischi specifici derivanti dalla pandemia; in tale contesto, le misure di sostegno come le moratorie possono avere reso meno utili i tradizionali indicatori di allerta precoce, incentrati sulla tempestività dei rimborsi.

Abbiamo anche individuato prassi molto eterogenee di attuazione del principio contabile IFRS 9, con differenze fra le banche per quanto riguarda il passaggio dei prestiti alla categoria “stage 2” – che implica un incremento significativo del rischio di credito – e il livello degli accantonamenti per perdite su crediti connessi a tali prestiti. Abbiamo osservato che alcune prassi ritardano sistematicamente la classificazione dei prestiti in questa categoria, specie per i portafogli più rischiosi, forse con l’intenzione di modulare nel tempo gli accantonamenti effettuati in base alle disposizioni dell’IFRS 9.

Abbiamo condiviso i nostri rilievi con le banche interessate e chiesto loro di predisporre un piano di azioni correttive. Le nostre valutazioni sono confluite interamente anche nel processo di revisione e valutazione prudenziale di quest’anno, lo SREP (“supervisory review and evaluation process”). Intervenire in modo proattivo per sanare le carenze nelle prassi di gestione del rischio di credito dovrebbe di fatto attenuare dinamiche procicliche, contribuendo a mitigare l’accumulo di sofferenze e a promuovere un’offerta più stabile del credito nel corso del ciclo economico.

Definizione di default

Le norme sulla definizione di default sono uno dei cardini della riforma regolamentare seguita alla grande crisi finanziaria e finalizzata a preparare meglio il settore bancario per le crisi future, in linea con le migliori prassi internazionali. Nel mio precedente incarico presso l’Autorità bancaria europea (ABE) ho potuto constatare in prima persona quanto quella regolamentazione sia stata importante nel contesto del corpus unico di norme dell’UE. Le prassi e le definizioni del rischio di credito sono state storicamente molto eterogenee tra banche e Stati membri. Hanno determinato non solo disparità di condizioni tra le banche, ma hanno anche reso più difficile per le autorità di vigilanza e gli operatori di mercato effettuare confronti e monitorare le dinamiche del rischio di credito.

La data di applicazione prevista per le nuove norme coincide con la fase iniziale, delicata e importante, della ripresa dalla pandemia. Ritengo che sia cruciale, ora più che mai, che le banche monitorino e rilevino correttamente il deterioramento del rischio di credito quando si verifica. Rinviare l’applicazione delle regole che ci siamo dati o snaturarle – per quanto eccezionale possa sembrarci questa crisi – nuocerebbe ai bilanci delle banche e alla loro capacità di erogare credito, ostacolerebbe la nostra capacità di tenere sotto stretta osservazione le dinamiche del rischio di credito e rischierebbe di minare la credibilità del nostro sistema unificato di norme prudenziali (“single rulebook”).

Le moratorie e le garanzie sui prestiti decise in risposta allo shock pandemico hanno ridato fiato sia ai debitori che alle banche e sono riuscite a evitare un andamento troppo prociclico dell’offerta del credito. Le autorità di regolamentazione e di vigilanza hanno riconosciuto il carattere straordinario degli eventi e hanno accompagnato queste iniziative con opportuna flessibilità e con indicazioni chiare sul loro atteggiamento futuro, anche riguardo al trattamento delle misure di concessione generalizzate e alla riclassificazione automatica dei prestiti. Tuttavia, le misure di sostegno ai debitori hanno reso più arduo individuare gli eventi di rischio di credito, non solo per le banche ma anche per le autorità di vigilanza, gli investitori, gli analisti e i mercati in generale, rendendo in parte più opachi i bilanci. Come ho già avuto modo di dire, la qualità sottostante del credito è peggiorata nel corso del 2020, mentre i fallimenti e i livelli degli NPL sono andati calando.

Se i bilanci delle banche diventano opachi, aumenta l’incertezza per gli investitori, con il rischio che le banche debbano rifinanziarsi a costi più elevati sui mercati obbligazionari e azionari e che la loro capacità di erogare prestiti all’economia reale sia ridotta. Inoltre, bilanci opachi espongono le banche a “effetti precipizio” (cliff effects), ossia a cambiamenti improvvisi e repentini nella loro capacità di sostenere il credito. Entrambi gli scenari rappresentano una minaccia per un processo di ripresa ordinato e rischiano di rendere le banche parte del problema anziché della soluzione.

Sono consapevole che le nuove soglie di definizione di default, che impongono la ristrutturazione onerosa e, quindi, il default di un’esposizione, siano ora sotto i riflettori. Tuttavia, la sospensione delle soglie, anche nel contesto attuale, significherebbe incentivare prassi di “perpetuazione” (“evergreening”) dei prestiti. In altre parole, si finirebbe di fatto per promuovere forme non sostenibili di supporto ai debitori che celano l’effettivo deterioramento del rischio di credito e aggravano il problema già presente di un eccesso di debito privato.

L’analisi condotta dalla BCE indica che il sostegno pubblico legato all’emergenza pandemica può aver accresciuto il numero delle cosiddette “imprese zombie”, che sono un retaggio della grande crisi finanziaria e della crisi del debito sovrano. Questi debitori frenano la produttività dell’economia ed espongono il sistema bancario al rischio di aggiustamenti improvvisi, con rilevante distruzione di valore. Rinunciare a parti del quadro prudenziale porterebbe le banche ad alimentare il problema, anziché aiutare a contrastarlo. Come riconosciuto anche dal G30[1], l’unico modo per gestire la fase di ripresa è assicurare che le risorse siano convogliate verso imprese e progetti economicamente sostenibili, evitando al tempo stesso situazioni di selezione avversa e azzardo morale.

Sono fiducioso che tutte le banche sotto la nostra vigilanza siano ormai pronte ad applicare le nuove regole sul rischio di credito. Gli orientamenti finali dell’ABE[2] al riguardo sono stati pubblicati nel 2016 e sono diventati applicabili solo di recente, cinque anni dopo. Le banche dell’UE hanno avuto molto tempo per preparare modelli, infrastrutture e governance per conformarsi al nuovo regime regolamentare. Di fatto, molte hanno aggiornato i loro sistemi nel pieno rispetto del nuovo quadro regolamentare[3] e, quindi, una revisione delle norme creerebbe un serio problema di parità di condizioni.

Approccio di calendario per gli accantonamenti

Passerei ora al tema del meccanismo di calendario previsto per la svalutazione degli NPL secondo scadenze prestabilite (calendar provisioning). Sono fermamente convinto che rappresenti uno strumento essenziale per la gestione tempestiva degli NPL. Come dicevo, un insegnamento fondamentale della grande crisi finanziaria è stato constatare che i ritardi nella rilevazione e nella risoluzione degli NPL non favoriscono la crescita economica e la stabilità finanziaria.

Consistenze elevate di NPL gravano sulla redditività delle banche e sulla loro capacità di erogare nuovi prestiti; potrebbero inoltre denotare più in profondità problemi di sostenibilità economica delle imprese, che a loro volta frenano investimenti e crescita. Gli studi empirici basati su dati a livello sia dell’area dell’euro sia mondiale concordano nell’affermare che la riduzione degli NPL si associa a una crescita economica più rapida, a maggiori investimenti da parte delle imprese e a minore disoccupazione[4]. Questa relazione funziona anche nella direzione inversa, sia perché le banche deboli tendono con maggiore probabilità a ritardare la ristrutturazione delle imprese in difficoltà, sia perché i crediti erogati a questi clienti possono incrinare la sostenibilità finanziaria delle banche[5]. Infatti, una ristrutturazione tempestiva è nell’interesse non solo delle banche e dell’economia in generale, ma anche dei clienti in difficoltà. Dilazionare i rimborsi dei crediti può in qualche modo agevolare i clienti nell’immediato; tuttavia, in certi casi non è una soluzione sostenibile a lungo termine. Sarebbe invece preferibile per le banche e la clientela discutere come ristrutturare il prestito per ristabilire la capacità di pagamento del debitore. Questo proteggerebbe i clienti da un indebitamento eccessivo e contribuirebbe a spezzare la spirale del debito per preservare la sostenibilità economica delle imprese e la solvibilità dei singoli debitori.

Inoltre, le banche con bilanci significativamente deteriorati non adeguano la determinazione del prezzo dei crediti in risposta alle variazioni dei tassi di riferimento, minando così l’efficacia del meccanismo di trasmissione della politica monetaria[6].

Nel Piano d’azione per affrontare la questione dei crediti deteriorati in Europa[7] il Consiglio europeo ha posto in evidenza la necessità di un insieme organico di misure volte a risolvere il problema degli NPL pregressi e a prevenire l’accumulo di nuovi, significativi ammontari di crediti deteriorati in futuro. Tra queste misure, il meccanismo di calendario è stato considerato determinante per evitare di ripetere gli errori del passato. La sua importanza è stata ritenuta tale dal Consiglio che, con il regolamento del 2019 sui livelli minimi di accantonamento prudenziale[8], quello che era un valido strumento discrezionale delle politiche di vigilanza di secondo pilastro è stato convertito in normativa dell’UE direttamente applicabile nel contesto del primo pilastro.

Ma quali sono le ragioni dell’importanza dell’approccio di calendario? Assicura innanzitutto che le banche facciano accantonamenti sufficienti per poter gestire gli NPL, anche mediante cancellazioni o cessioni sul mercato secondario. Rappresenta inoltre un forte incentivo al recupero tempestivo di tali crediti da parte delle banche.

La BCE è stata fra le prime autorità a livello mondiale a introdurre – all’inizio della pandemia di COVID-19 – misure di allentamento dei requisiti prudenziali, compresa l’ampia flessibilità di applicazione delle politiche di vigilanza in materia di gestione degli NPL. Vorrei ricordare che all’inizio dell’emergenza sanitaria la BCE ha esteso a tutti gli NPL assistiti da garanzie pubbliche connesse alla pandemia lo stesso trattamento preferenziale, in termini di meccanismo di calendario, previsto per gli NPL garantiti da un’agenzia ufficiale per il credito all’esportazione. Con una modifica normativa, il legislatore ha agito analogamente in relazione all’ambito di applicazione del regolamento sui livelli minimi di accantonamento prudenziale. Ciò assicura nel concreto che per tutti gli NPL dotati di una garanzia pubblica connessa alla pandemia non si adotterà l’approccio di calendario durante i primi sette anni dal momento del riconoscimento del credito come NPL. Sempre nel contesto dell’emergenza, la BCE ha deciso di esercitare con flessibilità l’azione di vigilanza per i piani di riduzione degli NPL già concordati con le banche che detenevano livelli elevati di tali crediti.

Non sono affatto convinto che rinviare l’applicazione delle regole previste dall’approccio di calendario in questo momento, con i primi segnali di ripresa, sia la scelta giusta da fare. È importante guardare alla realtà in prospettiva. Le finestre temporali che la legislazione dell’UE sui livelli minimi di accantonamento prudenziale prevede per il meccanismo di calendario sono piuttosto estese (tre anni per le esposizioni non garantite, sette per quelle garantite e nove per quelle garantite da immobili). Rinviare l’applicazione di queste regole o diluirle significherebbe accettare la possibilità che il settore bancario dell’UE continui a risentire per più di un decennio del peso degli NPL assistiti dalle garanzie connesse alla pandemia, lasciandolo impreparato a fronteggiare la prossima recessione.

Il tempo è un fattore essenziale. È anche per questo che, in altri paesi come gli Stati Uniti, le regole impongono tempistiche significativamente inferiori per la completa cancellazione da parte delle banche dei crediti che hanno subito una riduzione di valore senza alcuna prospettiva di recupero.

Conclusioni

Questa crisi è stata caratterizzata da interventi di sostegno pubblico tempestivi e di portata eccezionale, sia a livello nazionale sia – per la prima volta – a livello europeo, cosa ancora più importante. Questo elemento di diversità rispetto al passato ha contribuito a mitigare l’impatto immediato della crisi. Date le prospettive economiche favorevoli confermate in tutte le recenti proiezioni macroeconomiche, è improbabile che si avverino le nostre aspettative più pessimistiche sul possibile deterioramento della qualità degli attivi bancari. Detto questo, non conosciamo ancora l’entità dei nuovi NPL e il preciso arco temporale in cui emergeranno. Ma è chiaro che con l’adozione di solide prassi di gestione del rischio di credito e accantonamenti tempestivi daremo un contributo all’integrità dei bilanci e delle prassi creditizie, favorendo quindi una crescita più duratura a medio-lungo termine. Questo è l’unico modo per far fronte all’eccesso di debito nel settore privato e assicurare che non ci siano ostacoli alla ripresa economica.

  1. Gruppo dei Trenta (2020), “Reviving and Restructuring the Corporate Sector Post-Covid”, dicembre.
  2. Disponibile nel sito Internet dell’ABE.
  3. Fra cui il Regolamento della BCE sulla soglia di rilevanza delle obbligazioni creditizie in arretrato (Regolamento (UE) 2018/1845 della Banca centrale europea, del 21 novembre 2018, sull’esercizio della discrezionalità ai sensi dell’articolo 178, paragrafo 2, lettera d), del Regolamento (UE) n. 575/2013 relativo alla soglia per la valutazione della rilevanza di obbligazioni creditizie in arretrato (BCE/2018/26) (GU L 299 del 26.11.2018, pag. 55)).
  4. Balgova, N., Nies, M. e Plekhanov, A. (2016) “The economic impact of reducing non-performing loans”, Working Paper Series, n. 193, Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, ottobre; Huljak, I., Martin, R., Moccero, D. e Pancaro, C. (2020), “Do non-performing loans matter for bank lending and the business cycle in euro area countries?”, Working Paper Series, n. 2411, BCE, maggio.
  5. Storz, M., Koetter, M., Setzer, R. e Westphal, A. (2017), “Do we want these two to tango? On zombie firms and stressed banks in Europe”, Working Paper Series, n. 2104, BCE, ottobre.
  6. Byrne, D. e Kelly, R. (2019), “Bank asset quality and monetary policy pass-through”, Working Paper Series, n. 98, Comitato europeo per il rischio sistemico, giugno.
  7. Consiglio europeo (2017), “Conclusioni del Consiglio sul piano d’azione per affrontare la questione dei crediti deteriorati in Europa”, 11 luglio.
  8. Regolamento (UE) 2019/630 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, che modifica il Regolamento (UE) n. 575/2013 per quanto riguarda la copertura minima delle perdite sulle esposizioni deteriorate (GU L 111 del 25.4.2019, pag. 4).
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