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La forza della percezione: COVID-19 e insegnamenti sulla governance

Intervento di apertura di Elizabeth McCaul, Membro del Consiglio di vigilanza della BCE, nell’ambito del webinar per la presentazione del position paper su COVID-19 e governance dell’Associazione Italiana Financial Industry Risk Managers (AIFIRM) e dell’Università La Sapienza

Roma, 30 ottobre 2020

Sono lieta di condividere con voi oggi il mio punto di vista sull’importanza di una solida governance bancaria nella gestione della crisi legata al coronavirus (COVID-19). Purtroppo non abbiamo la possibilità di incontrarci di persona; mi conforta però pensare che l’Italia e New York, da dove oggi vi parlo, si trovano più o meno alla stessa latitudine.

Sebbene siano entrambe importanti destinazioni turistiche, è solo in Italia che possiamo ammirare la Prospettiva di Borromini all’interno dei giardini di Palazzo Spada, a due passi dalla Sapienza. Il colonnato di Borromini, progettato per sembrare lungo 25 metri, ma che in realtà ne misura meno di 10, con le colonne che vanno via via riducendosi verso la piccola statua posta sul fondo, ci offre un valido insegnamento sulla forza della percezione e costituisce inoltre una metafora calzante per la nostra discussione sulla gestione proattiva della crisi in cui versiamo. Ciò che percepiamo come lontano può risultare molto più vicino nella realtà. Le banche farebbero bene a considerare tale insegnamento nell’attenuare gli effetti avversi della pandemia di COVID-19 sull’economia e sui propri bilanci.

Vorrei soffermarmi su questo punto richiamando innanzitutto le misure straordinarie introdotte dalla Vigilanza bancaria della BCE a partire dall’insorgere della pandemia, per poi esaminare l’impatto dello shock del COVID-19 sui bilanci e sulla qualità degli attivi delle banche nonché il ruolo decisivo delle strategie prospettiche nell’attenuare gli effetti economici della pandemia.

La risposta dell’autorità di vigilanza al COVID-19

Lo shock legato al COVID-19 ha avuto caratteristiche uniche nella storia, così come la nostra reazione nei suoi confronti. Forte delle riforme intraprese dopo l’ultima crisi finanziaria e dotata di una politica monetaria comune e, per la prima volta, di una vigilanza bancaria europea comune, la BCE ha agito per contenere ove possibile le ricadute economiche e assicurare che le banche fossero in grado di continuare a finanziare l’economia nel periodo più difficile e sostenere la ripresa economica successiva. Credo che la risposta dell’autorità di vigilanza sia ben nota a tutti i partecipanti di questo seminario. Abbiamo consentito alle banche di operare in via temporanea al di sotto del livello di capitale definito dagli orientamenti di secondo pilastro, dalla riserva di conservazione del capitale e dall’indice di copertura della liquidità. Inoltre, le banche hanno potuto in parte utilizzare strumenti patrimoniali esclusi dal capitale primario di classe 1 (Common Equity Tier 1, CET1), come gli strumenti aggiuntivi di classe 1 o 2, al fine di rispettare i requisiti di secondo pilastro. Abbiamo fornito indicazioni al settore su come evitare eccessiva prociclicità nell’applicazione del principio contabile internazionale IFRS 9. Abbiamo inoltre accordato un allentamento degli oneri operativi di vigilanza, sospendendo l’attuazione di alcune delle nostre decisioni e raccomandazioni scaturite dall’attività di vigilanza sia a distanza sia ispettiva. Le banche hanno infine beneficiato di flessibilità temporanea nella gestione dei crediti deteriorati (non-performing loans, NPL), negli accantonamenti per perdite su crediti e nella classificazione delle esposizioni.

Nello sforzo congiunto profuso da molti paesi europei per assicurare che le banche potessero continuare a sostenere l’economia reale durante la crisi senza gravi interruzioni, la nostra azione di vigilanza è stata accompagnata da una politica monetaria dall’orientamento straordinariamente accomodante in Europa e dall’adozione di programmi nazionali di garanzia pubblica e moratorie sui prestiti. Non esiste un manuale da applicare, ma la nostra collaborazione nel dibattito e negli interventi adottati si è sinora rivelata proficua. È incoraggiante constatare come la forza dell’unione bancaria si affermi con incisività ed efficacia in questa crisi. Inoltre trovo stimolante vedere l’Europa che opera in modo così coeso per affrontare con impegno questa emergenza sanitaria, adottando anche provvedimenti tesi ad attenuare le turbative economiche e finanziarie.

Tuttavia, per via delle misure attuate, in particolare moratorie e sostegno delle politiche di bilancio, passerà ancora del tempo prima che l’impatto della crisi legata al COVID-19 si concretizzi appieno nei bilanci delle banche europee. Né noi né le banche possiamo permetterci di rimanere inerti, nell’attesa di sapere cosa accadrà fino a quel momento. Dopo otto mesi di crisi, alla luce della diffusione di dati poco propizi e dell’incombere di una seconda ondata di contagi, sostenere le banche a superare l’attuale rallentamento economico è tanto importante quanto incentivarle a guardare al futuro.

Effetti immediati dello shock legato al COVID-19

Le banche italiane sono state in prima linea nella crisi. La loro eccezionale capacità di continuità operativa è stata emulata dalle banche di altri paesi europei, a testimonianza della capacità di tenuta generale dell’unione bancaria.

Ma l’andamento recente dei risultati economici delle banche può essere il segnale di ciò che il futuro riserva per tutto il sistema bancario. Ad esempio, la redditività strutturalmente bassa delle banche europee, già un problema prima dell’insorgere della pandemia, è andata peggiorando: il rendimento medio del capitale degli enti significativi sottoposti alla nostra vigilanza diretta è sceso a zero nel secondo trimestre del 2020, dopo aver registrato una netta diminuzione nel primo trimestre dell’anno a seguito delle più elevate riduzioni di valore sui crediti e dei minori proventi da interessi e da provvigioni e commissioni. Al tempo stesso, le banche europee continuano a essere gravate da costi eccessivi; pensiamo ad esempio alle loro reti di filiali tipicamente troppo estese. In uno scenario in cui l’accesso da remoto si è affermato come la norma, le banche che avevano precedentemente investito nella digitalizzazione dei processi e dei canali commerciali sono state in grado di adattarsi più facilmente alle restrizioni della mobilità imposte dal COVID-19. Una delle possibilità da esplorare per far fronte alla duplice sfida degli investimenti in tecnologia e della salvaguardia degli utili è rappresentata dalle aggregazioni aziendali. L’esperienza di altri paesi dimostra che, all’indomani di grandi shock, livelli fisiologici di uscite ordinate dal mercato sono essenziali per una ripresa rapida ed efficace.

Anche le modalità di gestione degli NPL saranno determinanti per la capacità delle banche di continuare a generare i profitti. Sebbene il livello degli NPL sia rimasto finora stabile, le nostre stime indicano che in uno scenario estremo, seppur sempre più plausibile, caratterizzato da una seconda fase di chiusure, i crediti deteriorati potrebbero raggiungere 1.400 miliardi di euro in Europa. Tale importo sarebbe superiore al picco raggiunto dopo la grande crisi finanziaria e avrebbe conseguenze rilevanti per la posizione patrimoniale delle banche.

Purtroppo, ma non inaspettatamente, il carattere repentino dello shock causato dal COVID-19 e la risposta immediata rivelatasi necessaria hanno indebolito la governance del rischio di credito in alcune banche. Abbiamo osservato una riallocazione del personale dalla seconda alla prima linea di difesa per gestire il maggiore carico di lavoro. Abbiamo visto le funzioni di controllo aggrapparsi a metriche di rischio irrilevanti e adattarsi con lentezza al nuovo contesto. E abbiamo anche assistito a consigli di amministrazione (CdA) troppo deboli nell’assicurare una gestione interna efficace della crisi. È vero che gran parte di queste criticità è strutturale; infatti le nostre raccomandazioni durante il ciclo di vigilanza dello scorso anno hanno riguardato principalmente questioni di governance[1]. Ma è ancora più urgente affrontare tali criticità nelle attuali circostanze.

In futuro le banche dovrebbero agire in maniera proattiva per individuare gli NPL e definire i relativi accantonamenti nonché sforzarsi di preservare l’indipendenza delle funzioni di gestione dei rischi. Questi fattori saranno decisivi nel determinare la capacità delle banche di sostenere l’economia reale e in ultima analisi sopravvivere alla crisi.

Insegnamenti sulla governance

L’aspetto positivo è che, malgrado la persistente incertezza, le banche possono fare molto per prevenire e iniziare a mitigare gli effetti della crisi. L’insegnamento di Borromini è quanto mai rilevante: la percezione è illusoria; gli orizzonti possono essere più prossimi di quanto sembra e il futuro può essere meno remoto di quanto atteso. Quindi le banche devono pianificare di conseguenza.

In pratica, ciò significa che dovrebbero tutte iniziare a prepararsi quanto prima per lo scenario peggiore.

Le banche devono potenziare le capacità operative per il trattamento dei crediti deteriorati, in particolare quelle che finora non si sono mai ritrovate con volumi elevati di NPL. Dovrebbero impegnarsi a individuare i debitori in difficoltà e a gestire le attività in deterioramento nella fase più precoce possibile e sicuramente prima della scadenza delle moratorie. È essenziale predisporre procedure al fine di differenziare i prestiti vulnerabili da quelli meno vulnerabili, anche se beneficiano ancora di moratorie e sostegno pubblico. Per supportare queste operazioni critiche le banche dovrebbero assicurare che la gestione del rischio di credito sia sorretta da una solida governance interna. È necessario che costituiscano accantonamenti adeguati e tempestivi. Tutti questi interventi, che contribuiranno a evitare l’accumularsi di NPL, dovrebbero far luce sull’impatto effettivo della recessione sui loro bilanci.

Le ricadute di questa crisi vanno oltre le specifiche tipologie di prestito e possono propagarsi a interi settori. Bisogna quindi combinare gli approcci tradizionali ai processi del credito e alla selezione dei portafogli su base singola con metodi più prospettici, soprattutto assumendo un’ottica settoriale e analizzando più scenari. L’economia reale è in una fase di cambiamento strutturale che può durare più a lungo di quanto vorremmo: è arrivato il momento di prenderne atto.

Le banche dovrebbero individuare i settori vulnerabili e quindi acquisire una visione aggregata delle esposizioni verso ciascuno di questi settori. Dovrebbero anche reagire con tempestività a ogni cambiamento del livello di rischio delle esposizioni oggetto di moratoria e della clientela dei settori più vulnerabili. L’interazione fra diversi strumenti di gestione, quali sistemi di early warning, watch list, analisi settoriali e modelli interni, è cruciale per anticipare un’evoluzione sfavorevole dei portafogli dei prestiti e delle obbligazioni e per individuare un deterioramento strutturale del credito.

Soltanto solide funzioni di gestione dei rischi e di controllo, supportate dall’organo di amministrazione, potranno assicurare un’ottica prospettica e un’adeguata pianificazione patrimoniale in vari scenari. Le banche potranno continuare a svolgere il ruolo fondamentale di sostegno all’economia in questo difficile periodo se saranno in grado di distinguere con efficacia i debitori economicamente sostenibili da quelli in stato di default.

In una lettera inviata a luglio ai chief executive officer (CEO) delle banche[2], abbiamo presentato suggerimenti su come gestire le funzioni afferenti il rischio di credito in questa crisi. Ad esempio, abbiamo invitato le banche a elaborare rapidamente soluzioni sostenibili per le imprese in difficoltà ma economicamente sane. Abbiamo inoltre sottolineato l’importanza di prestare sufficiente attenzione ai mutamenti delle prospettive macroeconomiche e della qualità creditizia dei debitori, come anche la necessità di elaborare misure che forniscano un quadro ben definito dei rischi emergenti.

Per quanto abbiamo osservato finora, le banche stanno reagendo in tre modi diversi. Alcune hanno iniziato a riesaminare il rischio di default e fallimento della clientela. Altre, pur senza riesaminare i singoli prestiti, stanno costituendo in via precauzionale un fondo rischi generali per il portafoglio prestiti. Altre ancora preferiscono attendere una chiara indicazione che un cliente sia sull’orlo del dissesto prima di contabilizzare un qualche accantonamento. Non è saggio rinviare questa decisione fino all’ultimo momento e aspettare la scadenza delle moratorie. Se molti dei clienti non riescono poi a far fronte ai pagamenti, la situazione andrà repentinamente fuori controllo.

L’esperienza delle banche con elevati livelli di NPL nell’affrontare l’eredità della crisi precedente può offrire un valido insegnamento sulla percezione alle altre banche europee che potrebbero trovarsi ora in simili circostanze. In Italia l’incidenza degli NPL si è ridotta da oltre il 16% all’inizio del 2016 a poco meno dell’8% nel primo trimestre del 2020, rispetto al 3,05% della media dell’area dell’euro. Le banche con livelli elevati di NPL pregressi hanno conseguito enormi progressi nel rendere operativi i processi di gestione del rischio di credito. Hanno anche creato unità dedicate agli NPL che monitorano con attenzione la qualità dei prestiti e assicurano una pronta reazione al deteriorarsi della qualità del bilancio. Un aspetto importante è che queste unità dedicate ricorrono a dati di elevata qualità e a prassi accurate di internal audit per valutare le garanzie e la qualità della linea di credito per ogni singolo prestito.

Oltretutto, le banche devono anche riflettere sulle implicazioni del COVID-19 per le strategie generali riguardanti il rischio di credito. Sia gli amministratori esecutivi che il CdA devono esaminare la strategia in uso per il rischio di credito e valutarne le modalità di ricalibrazione per operare sia in presenza del COVID-19 sia in un mondo post-pandemia. Dovrebbero rivedere i modelli applicati per il rischio di credito, e più in generale il quadro per la determinazione della propensione al rischio, al fine di valutare se le ipotesi sottostanti restino valide nel contesto attuale e se siano ancora utili per monitorare efficacemente il profilo di rischio della banca.

Come figura chiave responsabile per la misurazione e il monitoraggio dei rischi, il chief risk officer (CRO) deve svolgere un ruolo centrale in questo esercizio di riesame. Deve assicurare che i modelli interni siano adeguatamente connessi all’attività e al mercato e integrino una serie di scenari diversi che riflettono l’incertezza economica attuale. Le previsioni e la pianificazione devono essere i cardini dell’assetto di governance bancaria. Le banche devono inoltre migliorare le capacità di aggregazione dei dati sul rischio, le conoscenze di modellizzazione economica e i processi di elaborazione del budget e di pianificazione che utilizzano nell’analisi degli scenari. Sarà fondamentale impiegare tecniche di gestione dei dati all’avanguardia. Tutti questi interventi consentiranno al CRO di acquisire un quadro molto più definito dei rischi emergenti. Infine, per fare in modo che le banche tengano sotto controllo i criteri di concessione del credito e che la pianificazione strategica continui a essere adeguata, il CRO deve avere una linea di contatto diretta e regolare con il chief financial officer e con il CdA. Indipendenza non significa ampliare le distanze fra queste funzioni critiche.

Il CdA rappresenta il massimo livello di controllo di qualità della banca. Deve indicare la direzione per tutta la banca e guidarla in ogni circostanza, sia favorevole che sfavorevole. Per svolgere questo compito il CdA deve essere dotato di esperienza, giuste competenze e diversità; deve essere proiettato verso il futuro ma anche guardare al presente. In un contesto in cui la pandemia sospinge più che mai la digitalizzazione, gli amministratori devono prefigurarsi i tipi di rischi che si profilano: vi deve essere spazio per chi comprende le opportunità e i rischi derivanti dalla tecnologia.

Per poter essere efficace un CdA necessita di solide strutture di supporto. Anzitutto ha bisogno di un sistema agile di reportistica interna che produca informazioni attendibili per il processo decisionale. A questo scopo basta eliminare i sistemi informatici obsoleti e integrare i sistemi di tutte le controllate nell’infrastruttura della capogruppo, in altre parole razionalizzare. In secondo luogo, un CdA efficace ha accesso a ricerche indipendenti e ha il diritto di sollecitarle, anche se svolte al di fuori dei consueti canali della banca. Una segreteria dedicata dotata di risorse adeguate può fornire questo supporto e contribuire a preservare il potere dialettico del CdA, assicurando che il processo decisionale sia realmente indipendente. Inoltre, una forte funzione interna che gestisca la struttura organizzativa della banca e ne modifichi l’impianto per renderla più adatta alle priorità più pressanti può migliorare in misura significativa l’indirizzo strategico del CdA. Nel periodo attuale questa funzione può rivelarsi particolarmente valida.

La Vigilanza bancaria della BCE rappresenta il massimo livello di controllo di qualità per i CdA delle maggiori banche europee. Collaboriamo in stretto raccordo con le autorità nazionali di vigilanza per far sì che i membri dei CdA delle banche europee rispondano sempre a standard minimi di qualità. Dovrebbero essere applicati rigorosi criteri di professionalità e onorabilità in tutte le banche e in tutti i paesi, tuttavia alcuni paesi li hanno attuati in maniera diversa.

La Vigilanza bancaria della BCE farà dunque un ulteriore passo avanti e condurrà verifiche dei requisiti di idoneità più rigorose e più intrusive. Illustrerò qualche esempio. Se con la nostra valutazione accerteremo che un soggetto non è idoneo per la carica prevista, adotteremo una decisione negativa in linea con le norme dell’UE. Analizzeremo inoltre con più attenzione qualsiasi fatto pertinente che possa incidere negativamente sull’onorabilità, quali precedenti condanne penali oppure procedimenti giudiziari o amministrativi in corso. Esamineremo in maniera più approfondita la responsabilità individuale. Chi ha commesso irregolarità o ignorato la condotta irregolare di altri amministratori, non potrà più nascondersi dietro la responsabilità collettiva del CdA. Nella revisione della Guida alla verifica dei requisiti di professionalità e onorabilità chiariremo inoltre in quali casi e con quali modalità l’insorgere di nuovi fatti rilevanti possa determinare una nuova valutazione dell’idoneità degli amministratori in carica. Stiamo apportando le necessarie modifiche a livello interno per vigilare più rigorosamente su questo aspetto. Abbiamo rafforzato il nostro processo decisionale istituendo un’apposita divisione per la verifica dei requisiti di idoneità e un comitato per le procedure sanzionatorie e amministrative, al fine di accrescere l’indipendenza e assicurare il rispetto delle garanzie procedurali.

Conclusioni

Anche se l’impatto della crisi legata al COVID-19 nel settore bancario europeo si concretizzerà appieno solo dopo alcuni anni, le nostre proiezioni su uno scenario grave, ma plausibile, indicano un serio deterioramento dei bilanci e della qualità degli attivi bancari.

Superare questa crisi richiederà un’azione incisiva da parte dell’organo di amministrazione e della funzione di gestione del rischio delle banche. L’idoneità degli amministratori e l’efficacia della governance del rischio di credito determineranno in definitiva se usciranno irrobustite dalla crisi.

Le banche dovrebbero tenere presente l’insegnamento di Borromini sulla forza della percezione: ciò che sembra lontano nella percezione potrebbe essere in realtà molto più vicino, e quindi occorre pianificare per il futuro. Il superamento della crisi e il derivante aumento potenzialmente massiccio degli NPL dipenderanno dalla volontà delle banche di applicare appieno questo insegnamento.

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