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Scambio di opinioni su temi di vigilanza con la Commissione Finanze e Tesoro del Senato della Repubblica italiana

Discorso di Ignazio Angeloni, Membro del Consiglio di vigilanza della BCE,
Roma, 23 giugno 2015

Signor Presidente, Onorevoli Senatori,

è un onore per me essere qui oggi per essere ascoltato da questa Commissione. Il Meccanismo di vigilanza unico (MVU) ha assunto le proprie funzioni lo scorso novembre, dopo una preparazione durata poco più di due anni. Della preparazione ha fatto parte anche una valutazione approfondita delle banche che sarebbero state vigilate direttamente dalla BCE. Nel mio intervento descriverò brevemente l’assetto della nuova vigilanza e i risultati di quella valutazione; illustrerò poi alcune priorità immediate della nuova vigilanza, per poi concludere con alcune riflessioni sul tema più ampio della riforma del sistema finanziario. Infine, sarò lieto di rispondere alle vostre domande.

Desidero precisare che queste considerazioni, benché espresse a titolo personale, rispecchiano posizioni ampiamente condivise in seno al Consiglio di vigilanza della BCE, di cui faccio parte.

Assetto dell’MVU

Il regolamento istitutivo dell’MVU [1] specifica, all’articolo 1, che il suo obiettivo è contribuire “alla sicurezza e alla solidità degli enti creditizi e alla stabilità del sistema finanziario all’interno dell’Unione e di ciascuno Stato membro”. Ciò richiede che la BCE applichi standard di vigilanza elevati e coerenti per tutte le banche e in tutti gli Stati membri partecipanti (19, gli stessi che hanno adottato l’euro). Nella definizione della BCE, la stabilità finanziaria è una condizione nella quale il risparmio è efficacemente indirizzato verso il finanziamento di investimenti produttivi. Il fine ultimo, quindi, è il buon funzionamento dell’economia reale. Il regolamento indica anche una finalità più specifica: quella di contribuire ad allentare il legame tra bilanci pubblici e sistemi bancari nazionali, un nesso che è stato causa di ripetuti episodi di instabilità finanziaria in Europa negli ultimi anni.

Costituire l’MVU in così breve tempo è stata una sfida senza precedenti, superata con il sostegno delle strutture della BCE. Il lavoro si è articolato in tre filoni. Si è trattato anzitutto di definire il sistema decisionale e la prassi operativa della nuova autorità. Il primo ha al centro il Consiglio di vigilanza, fulcro del meccanismo decisionale dell’MVU. Esso comprende un rappresentante per ogni autorità nazionale di vigilanza e quattro rappresentanti della BCE – io sono tra quelli – oltre a un Presidente e un Vicepresidente. Il Consiglio di vigilanza è stato dotato di un insieme di norme che ne regolano il funzionamento (regolamento interno e regolamento quadro), ivi compresi i rapporti con il Consiglio direttivo e altre strutture della BCE. In parallelo, è stato impostato il “modello di vigilanza”, ossia la metodologia da seguire nella regolare attività di vigilanza; essa raccoglie, in una sintesi coerente, elementi tratti delle migliori prassi delle autorità nazionali dei paesi aderenti. Il modello è illustrato nel Manuale di vigilanza, utilizzato quest’anno per la prima volta nella conduzione del ciclo annuale di vigilanza per il 2015.

Il secondo filone è consistito nella creazione delle strutture di vigilanza: personale e apparato organizzativo. La BCE ha assunto più di 1.000 nuovi dipendenti, eterogenei per nazionalità, età e genere e con diversi percorsi professionali alle spalle. Circa 800 svolgono mansioni di vigilanza, mentre i restanti offrono servizi di supporto principalmente in ambito statistico, legale e informatico. Il personale della BCE addetto alla vigilanza è ripartito fra quattro direzioni generali, più un Segretariato che segue l’attività del Consiglio. Due di queste aree esercitano la vigilanza diretta sui 123 gruppi bancari “significativi”, ossia vigilati direttamente dalla BCE; la terza si occupa di coordinare le autorità nazionali che vigilano direttamente gli enti creditizi “meno significativi” (su cui la BCE conduce la vigilanza indiretta, attraverso le autorità nazionali); la quarta fornisce consulenza tecnica alle altre aree operative, garantendo l’unicità dell’approccio di vigilanza e la sua coerenza orizzontale.

Infine, il terzo filone di lavoro era costituito dalla valutazione approfondita, su cui tornerò a breve.

Il processo decisionale dell’MVU è conforme ai requisiti del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che individua nel Consiglio direttivo il solo organo decisionale di ultima istanza della BCE. Nella pratica, tutte le decisioni vengono predisposte e approvate dal Consiglio di vigilanza, che le sottopone poi al Consiglio direttivo con una procedura di tipo silenzio-assenso: il testo approvato dal Consiglio di vigilanza si considera adottato se il Consiglio direttivo non solleva obiezioni, in genere entro due settimane. In caso di emergenza, i tempi possono essere accorciati.

La normativa conferisce alla BCE un elevato grado di indipendenza nell’esercizio delle funzioni di vigilanza. Il regolamento sull’MVU fissa anche un “principio di separazione”, il quale assicura che vigilanza e politica monetaria non interferiscano l’una con l’altra. All’indipendenza si accompagna la responsabilità democratica, esercitata in primo luogo nei confronti del Parlamento europeo e del Consiglio. Ciò non esclude, come dimostra l’incontro odierno, obblighi anche nei confronti dei parlamenti nazionali, i cui membri possono sottoporre interrogazioni scritte e invitare gli esponenti del Consiglio di vigilanza per uno scambio di opinioni sulla vigilanza degli enti creditizi.

La cooperazione tra la BCE e le “autorità nazionali competenti” o ANC – per usare il termine giuridico – si articola su tre livelli. Il primo livello, come spiegavo, è rappresentato dal Consiglio di vigilanza. In aggiunta, per ogni gruppo bancario significativo è stato istituito un “gruppo di vigilanza congiunto” o GVC che si occupa delle attività ordinarie (analisi dei rischi, convalida dei modelli di rischio, definizione dei requisiti prudenziali nell’ambito del secondo pilastro e altro ancora). Ogni GVC ha un coordinatore, scelto tra il personale della BCE e di regola proveniente da un paese diverso da quello in cui ha sede l’intermediario. Ad esempio, il GVC responsabile di Unicredit è guidato da un esperto di vigilanza francese, quello assegnato a BNP Paribas da un italiano. Gli altri membri del GVC sono perlopiù funzionari delle autorità di vigilanza del paese di costituzione della banca. Circa il 75% dei membri dei GVC è formato da personale delle ANC. Questo assetto organizzativo contempera l’esigenza di una visione centrale e l’assenza di parzialità nazionali con quella di valorizzare l’esperienza e le competenze delle autorità di vigilanza nazionali. La vigilanza sugli enti creditizi meno significativi spetta per gran parte alle ANC. La BCE svolge un ruolo di supervisione su queste autorità e contribuisce all’armonizzazione delle prassi di vigilanza per tutte le banche, ancora una volta in base a una metodologia unica.

La valutazione approfondita

La valutazione approfondita è stata condotta in stretta collaborazione con l’Autorità bancaria europea (ABE) su 130 gruppi bancari, pari a circa l’85% del settore bancario dell’area dell’euro. È consistita in un esame della qualità degli attivi (asset quality review, AQR) e in una prova di stress. Le due componenti sono state poi integrate tra loro per quantificare il capitale necessario a soddisfare determinati requisiti prudenziali. L’AQR prevedeva un’analisi basata sul rischio delle principali componenti degli attivi bancari. La prova di stress, invece, ha misurato la sensibilità dei bilanci bancari rispetto a due scenari macroeconomici alternativi, uno di base e uno avverso.

Sebbene l’AQR si sia concentrata principalmente sulle esposizioni creditizie, un apposito filone di lavoro è stato dedicato alle posizioni sui mercati finanziari. Inoltre, sono stati rivisti gli aggiustamenti della valutazione del credito (credit valuation adjustment) sui derivati. Con la prova di stress si è svolto anche un esame dettagliato delle esposizioni al rischio di credito e di mercato che ha richiesto alle banche di effettuare una rivalutazione complessiva dei portafogli di negoziazione.

Va sottolineato che la valutazione approfondita è stata condotta sulla base della legislazione bancaria in vigore, che era, ed è ancora, armonizzata solo in parte. Tornerò dopo sulle azioni intraprese dalla BCE per promuovere l’armonizzazione regolamentare. Peraltro, la BCE ha compiuto tutti gli sforzi possibili per assicurare la trasparenza e la comparabilità dell’esercizio tra banche e tra paesi. In particolare, attraverso l’AQR si è pervenuti a una definizione armonizzata delle esposizioni creditizie deteriorate (non-performing exposures, NPE). L’impatto complessivo della valutazione approfondita, considerando sia l’AQR sia le proiezioni dello scenario avverso della prova di stress, sul capitale disponibile aggregato delle banche è pari a 262,7 miliardi di euro, di cui 49 miliardi in Francia, 46 in Germania e 47 in Italia. Per effetto dell’AQR la stima delle esposizioni deteriorate è stata corretta al rialzo per 136 miliardi di euro, ossia del 18%.

L’adeguatezza patrimoniale per ogni singola banca è stata misurata rispetto a una soglia di riferimento dell’8% (rapporto tra il CET1 e le attività ponderate per il rischio); la soglia scendeva al 5,5% nello scenario avverso della prova di stress. Le carenze patrimoniali, quindi, non dipendevano solo dall’impatto dell’esercizio sul capitale, ma anche dai margini patrimoniali che singole banche avevano rispetto alla soglia di riferimento. Nel complesso è stato individuato un fabbisogno di 24,6 miliardi di euro per 25 banche, di cui 9,7 miliardi in 9 banche italiane. Alcune di queste avevano già colmato le carenze nel corso del 2014, prima che fossero annunciati i risultati della valutazione approfondita. Interventi aggiuntivi di rafforzamento patrimoniale sono stati richiesti a 13 banche, per un ammontare totale di 9,5 miliardi di euro (di cui 3,3 miliardi a 4 banche italiane).

Per la copertura delle carenze da parte degli intermediari è stato fissato un termine di sei o nove mesi (quest’ultimo per lo scenario avverso). Ad oggi, la maggior parte delle banche ha completato gli interventi di ricapitalizzazione. Ci si attende che le banche restanti attuino i piani di rafforzamento patrimoniale entro i termini previsti.

Nelle migliori prassi internazionali di vigilanza, le prove di stress svolgono un ruolo importante. La BCE intende continuare a servirsene, sia collaborando agli esercizi periodici coordinati dall’Autorità bancaria europea sia conducendone di propri per fini interni. L’esercizio compiuto lo scorso anno costituisce, anche da questo punto di vista, un’esperienza di grande valore.

La valutazione del 2014 si è incentrata su due fattori specifici, ancorché fondamentali, della rischiosità delle banche: la qualità degli attivi e la sensibilità agli shock. Altri fattori rilevanti nel determinare la solidità e il rischio delle banche, come la redditività, la sostenibilità del modello operativo, la qualità del processo decisionale e l’efficacia dei controlli interni, non sono stati esaminati direttamente. Nel 2014 questi elementi ricadevano ancora nella competenza delle autorità nazionali. Da quest’anno essi sono elementi centrali dell’attività di vigilanza corrente della BCE.

Priorità dell’MVU per il 2015

Il fulcro della regolare attività di vigilanza della BCE è costituito dal “processo di revisione e valutazione prudenziale” (supervisory review and evaluation process, SREP) condotto su base annua. Nell’ambito dello SREP, la BCE valuta tutti i fattori di rischio, mettendoli in relazione con quei requisiti prudenziali, ad esempio il capitale, la liquidità e i limiti alle esposizioni, necessari alla sicurezza e alla solidità delle banche. I GVC eseguono lo SREP per gli enti significativi di loro competenza utilizzando una metodologia comune che coniuga una serie di informazioni quantitative e qualitative. Vengono considerati anche elementi di natura macro-prudenziale, cioè afferenti i potenziali rischi sistemici generati dall’interazione tra banche e sistema economico più in generale.

L’analisi SREP per il 2015 procede speditamente e la conclusione è prevista per la fine dell’anno.

Opzioni e discrezionalità nazionali

Un’altra importante attività in corso quest’anno è costituita dall’elaborazione di una politica della BCE per l’esercizio delle opzioni e delle discrezionalità nazionali nell’ambito della normativa bancaria europea.

La legislazione bancaria dell’Unione europea – direttiva [2] e regolamento [3] sui requisiti patrimoniali – conferisce agli Stati membri ampia discrezionalità su come applicare una vasta gamma di norme. Il legislatore aveva concesso questa flessibilità, da un lato, per facilitare la transizione a un nuovo regime regolamentare, dall’altro, per lasciare spazio ad approcci di vigilanza differenti, quando ancora non si pensava ad un’autorità di vigilanza unica europea. Questi poteri discrezionali, esercitati dagli Stati membri fino allo scorso anno, danno adito oggi a significative differenze tra paesi, ad esempio nelle norme sulla quantificazione del capitale, sulle riserve di liquidità o sul trattamento dei grandi rischi, che hanno un’importanza fondamentale in un’ottica prudenziale.

Tenuto conto di ciò, la BCE, in stretto raccordo con l’Autorità bancaria europea, ha avviato un progetto che coinvolge tutte le autorità nazionali competenti degli Stati partecipanti dell’MVU per identificare, valutare e, ove possibile, risolvere le asimmetrie di trattamento. Sono state individuate nel complesso più di 150 opzioni e discrezionalità nazionali; la maggior parte rientra tra le prerogative delle autorità di vigilanza (le altre sono esercitate dagli Stati membri tramite la legislazione nazionale). Ci si propone di creare un quadro di riferimento coerente per la gestione delle opzioni e discrezionalità che rientrano ora tra le competenze della BCE. Il fine ultimo è convergere ulteriormente verso più elevati standard prudenziali, in linea con la regolamentazione internazionale, garantendo inoltre certezza e stabilità regolamentare per banche, investitori e autorità di vigilanza.

Come già menzionato, un numero più esiguo di opzioni e discrezionalità è racchiuso nella normativa nazionale, su cui l’MVU non ha potere. Sono certo che anche i parlamenti nazionali condividono gli obiettivi più generali dell’efficacia e della coerenza dell’azione di vigilanza. Spero quindi che sia Voi sia i Vostri colleghi in altri paesi seguiate da vicino l’operato della BCE in tale ambito e consideriate, in una fase successiva, la possibilità di un adeguamento della normativa nazionale laddove necessario in funzione di tali obiettivi.

Monitorare qualità del capitale e liquidità: le esposizioni deteriorate

Anche se in generale le banche europee hanno aumentato quantità e qualità del capitale nel 2014, molte soffrono ancora di elevati livelli di esposizioni creditizie deteriorate. Il rapporto tra NPE ed esposizioni creditizie totali per le banche significative dell’MVU, in base alla nuova definizione armonizzata, è pari a circa l’8% in tutta l’area dell’MVU. Per l’Italia il rapporto è del 17%. La quota di NPE che le banche hanno coperto con accantonamenti (coefficiente di copertura) è pari al 50% in tutta l’area dell’MVU e al 48% in Italia.

Alti livelli di NPE sottraggono preziose risorse bancarie all’erogazione del credito all’economia reale. Le banche dovrebbero valutare con attenzione l’andamento delle attività deteriorate e adoperarsi per ridurle. Alcuni paesi hanno adottato con successo piani per separare e poi liquidare le NPE. Anche in Italia sono allo studio misure per favorire un più rapido riassorbimento delle esposizioni deteriorate.

Nella sua sfera di competenza, la BCE utilizza i poteri di vigilanza per migliorare i processi di esame e monitoraggio del credito adottati dalle banche vigilate, di modo che il volume di NPE sia riassorbito più rapidamente possibile.

Analisi dei modelli interni

In base ai principi stabiliti dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, accolti nella legislazione europea, le banche con certe caratteristiche possono applicare modelli interni del rischio per quantificare i requisiti patrimoniali. Questa prassi, introdotta dallo schema di regolamentazione di Basilea 2, è mantenuta anche in Basilea 3. Nell’area dell’MVU esiste al momento una grande varietà di modelli interni, la cui eterogeneità produce differenze significative nei livelli patrimoniali delle banche, non sempre giustificati dai rischi sottostanti.

In questo ambito, la BCE sta avviando un’analisi mirata pluriennale dei modelli interni del rischio adottati dalle banche vigilate direttamente. Seguiranno poi interventi di armonizzazione degli elementi che presentano differenze non chiaramente giustificate da considerazioni prudenziali. Anche su questo fronte l’obiettivo più generale è promuovere la parità concorrenziale e un trattamento prudenziale più efficace.

Programma di riforme finanziarie

Mi soffermerò ora su alcune questioni chiave del programma internazionale di riforma del sistema finanziario, limitandomi a quelle di rilevanza più diretta per la vigilanza: risanamento e risoluzione delle banche – e capacità di assorbire le perdite – separazione strutturale fra attività bancarie, trattamento prudenziale delle esposizioni al debito sovrano e politica macroprudenziale.

Quadro di risanamento e risoluzione

L’esperienza recente insegna che banche troppo grandi, troppo complesse, ritenute dal mercato troppo importanti per lasciarle fallire aggravano i rischi e i costi delle crisi. Per l’assenza di una strategia di risoluzione credibile per gli enti creditizi in difficoltà, spesso i governi si sono visti costretti a salvare le banche con denaro pubblico.

Questa idea è alla base dell’istituzione in Europa del Meccanismo di risoluzione unico (Single Resolution Mechanism, SRM), il secondo pilastro dell’unione bancaria. L’SRM avrà, dal prossimo anno, il compito di assicurare la risoluzione ordinata delle banche, minimizzandone i costi per i contribuenti e l’economia reale. La direttiva sul risanamento e sulla risoluzione delle banche (Bank Recovery and Resolution Directive, BRRD) fornisce in Europa gli strumenti per far fronte ai dissesti bancari, prevedendo che soprattutto azionisti e creditori si facciano carico dei rischi. Rimangono esclusi dalla ripartizione delle perdite i depositanti coperti da assicurazione, mentre per gli altri depositanti è previsto un trattamento preferenziale.

Vorrei ribadire l’importanza di trasporre quanto prima la BRRD nella normativa nazionale. La sua entrata in vigore è essenziale per assicurare la gestione efficace delle crisi. Ed è ancora più importante se si considera l’imminente avvio dell’SRM. Al momento quest’ultimo, che ha sede a Bruxelles, si prepara a operare ed è già in contatto con le banche per l’elaborazione dei loro piani di risoluzione. Recepire la BRRD nel diritto nazionale è anche nell’interesse degli Stati membri, perché consente loro di accedere al sostegno pubblico comune del Fondo di risoluzione unico. Un sostegno credibile e solido è essenziale per salvaguardare la stabilità finanziaria nell’unione bancaria.

Una strategia di risoluzione efficace richiede che le banche, quando vengono ristrutturate o sottoposte a risoluzione, abbiano risorse sufficienti per assorbire le perdite. In questo modo, un dissesto non pone a rischio le altre banche, né implica un uso eccessivo di risorse collettive. La BRRD e il regolamento istitutivo dell’SRM precisano che le autorità di risoluzione, in consultazione con i responsabili della vigilanza, determineranno per ogni banca un requisito minimo di fondi propri a questo fine.

Sul piano internazionale, il Consiglio per la stabilità finanziaria (Financial Stability Board, FSB) sta ultimando una proposta di requisito minimo per la “capacità totale di assorbimento delle perdite” nella risoluzione delle banche di importanza sistemica a livello mondiale. Queste banche dovranno detenere abbastanza capitale e passività svalutabili o convertibili in capitale in caso di risoluzione. La BCE è favorevole a queste proposte, in particolare all’inclusione di questo requisito nel primo pilastro e alla rilevanza data alle attività non ponderate per il rischio (insieme a quelle ponderate) per il calcolo del requisito. L’esatta calibrazione del meccanismo è soggetta a una valutazione di impatto, condotta dall’FSB e dal Comitato di Basilea con il contributo della BCE.

Riforma strutturale delle banche

La proposta legislativa della Commissione sulla separazione strutturale delle attività bancarie vieta la negoziazione in proprio e separa determinate attività di negoziazione dall’ente raccoglitore di depositi. All’autorità di vigilanza andrebbe il compito di richiedere tale separazione, qualora sussistesse una minaccia per la stabilità dell’ente creditizio o dell’intero sistema finanziario. La BCE vede con favore questa proposta, ma ritiene importante che vengano preservati i servizi di market-making forniti dalle banche, visto il loro importante ruolo nel favorire la liquidità e stabilità dei mercati. Le decisioni di vigilanza sulla separazione delle attività dovrebbero essere sostenute da criteri quantitativi, ma va preservato anche un elemento di giudizio qualitativo.

Trattamento prudenziale delle esposizioni al debito sovrano

La recente crisi finanziaria ci insegna che, così come altri tipi di esposizioni, anche quelle verso il debito sovrano comportano un rischio; esso però non ha finora ricevuto un trattamento prudenziale adeguato nella normativa bancaria.

Data la portata mondiale del fenomeno, il Comitato di Basilea ha avviato un esame del trattamento normativo delle esposizioni sovrane, valutando una serie di opzioni, quali l’applicazione di coefficienti di ponderazione per il rischio o di limiti alla concentrazione dei rischi. La BCE condivide questa riflessione e le motivazioni su cui poggia. È importante che qualsiasi revisione del quadro normativo tenga conto del potenziale impatto sulle banche, sulla stabilità finanziaria e sulle operazioni di politica monetaria. Occorre anzitutto approfondire l’analisi e le eventuali successive revisioni dovranno avvenire in modo graduale.

Vigilanza macroprudenziale

È oggi ampiamente riconosciuto che istituzioni finanziarie sane a livello individuale non garantiscono da sole la stabilità dell’intero sistema finanziario. La vigilanza microprudenziale deve essere integrata da politiche macroprudenziali che limitino livelli eccessivi di espansione del credito e di leva finanziaria e mitighino le variazioni del ciclo finanziario.

Il nuovo quadro di riferimento dell’UE fornisce alle autorità la possibilità di richiedere margini macroprudenziali, in aggiunta ai normali requisiti microprudenziali, nel quadro del processo del secondo pilastro. La normativa specifica gli strumenti utilizzabili a tal fine e le modalità di interazione fra autorità nazionali (che mantengono la competenza in questa materia) e la BCE, alla quale il regolamento sull’MVU ha attribuito nuovi poteri nello stesso ambito.

A tale proposito è stata sollevata la questione di possibili effetti negativi sull’offerta di credito che potrebbero derivare dai requisiti patrimoniali applicati nel nuovo quadro di vigilanza, soprattutto in paesi che registrano una ripresa ancora debole. Questo argomento, plausibile in linea di principio, va tuttavia rovesciato. Le banche con bassi livelli di capitalizzazione tendono a limitare più di altre l’offerta di prestiti; la debole patrimonializzazione delle banche ha contribuito alla fragilità del sistema finanziario prima della crisi. Rafforzare i livelli di capitalizzazione, in modo prudente e selettivo, non può quindi che essere uno degli obiettivi della nuova autorità di vigilanza nella fase attuale. Occorre procedere in modo misurato, tenendo conto degli effetti complessivi e del profilo di rischio inerente al modello di business di ciascuna banca. La BCE è consapevole della necessità di evitare effetti avversi sull’erogazione del credito sano all’economia reale e dispone di informazioni e strumenti analitici adeguati (inclusa una dettagliata indagine sul credito bancario) per monitorare e controllare il processo. La ripresa economica in atto e il riavvio del processo di offerta di credito bancario offrono condizioni favorevoli al pieno dispiegarsi di questo processo.

Conclusioni

Notevoli risultati sono stati già conseguiti nella realizzazione dell’unione bancaria, ma molte sfide sono ancora davanti a noi. A pochi mesi dall’avvio operativo, la BCE già oggi assicura una vigilanza di qualità elevata e ne promuove attivamente l’armonizzazione fra i paesi partecipanti, facendo leva su due punti di forza: la qualità delle proprie risorse umane e la cooperazione con le autorità nazionali.

È essenziale mantenere aperto il dialogo fra la BCE, investita di recente di nuovi poteri nell’interesse dei cittadini europei, e l’opinione pubblica e gli organi di rappresentanza nazionali. La trasparenza è presupposto per un’azione efficace. Anche per questo motivo sono lieto di essere oggi insieme a Voi.

Vi ringrazio dell’attenzione. Sono pronto a rispondere alle Vostre domande.


  1. Regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi.
  2. Direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e delle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (CRD IV).
  3. Regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (CRR).
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