Interview with La Repubblica
Intervista con Ignazio Angeloni, membro del Consiglio di Vigilanza della Banca Centrale Europea,
pubblicata il 5 Maggio 2016, realizzata da Ferdinando Giugliano
Angeloni, ritiene anche lei che il sistema bancario italiano sia solido?
Ho detto in diverse occasioni che il sistema bancario italiano è più solido che in passato, e lo ripeto ora. Molte banche hanno passato la nostra “Valutazione Approfondita”. Alcune, in seguito, hanno effettuato una ricapitalizzazione. L’analisi della vigilanza si è ampliata nello SREP, il regolare processo di revisione e valutazione prudenziale. Ci sono delle criticità, che riguardano solo alcune banche, che sono sufficientemente importanti da rendere complessa la situazione generale. Sono stati espressi timori di pericoli sistemici e la vigilanza sta lavorando per consolidare ulteriormente il sistema.
Lei crede che l’operazione Atlante, che vede molte banche contribuire a uno stesso fondo, possa aumentare il rischio sistemico in Italia?
Non vi è dubbio che il Fondo Atlante sia un passo nella giusta direzione. Il fatto che sia stato creato è positivo e ha avuto un effetto positivo sul mercato. Come tutti gli annunci e le cose nuove, gli investitori si aspettano di vedere l’implementazione. Il fondo ha una dimensione limitata, non rispetto alla prima operazione che si propone di fare, ma rispetto alla dimensione complessiva del problema dei crediti deteriorati. La scommessa è mettere Atlante in condizione di dare un contributo positivo alla riduzione dei rischi e lo può fare. La domanda non è se Atlante aumenta il rischio sistemico, è di quanto lo ridurrà e le cose che bisogna fare per essere sicuri che lo riduca in maniera sostanziale. Se il fondo si muoverà bene, e se la Banca Popolare di Vicenza, di cui Atlante è ora azionista quasi totalitario, risponderà in maniera positiva a questa sollecitazione, allora si potrà innescare un circolo virtuoso. È auspicabile che altri investitori entrino, che il fondo cresca, e credo che i dirigenti del fondo stiano lavorando in questo senso. È importante ci sia capitale fresco e che ci siano investitori internazionali, perché anche questo è un segnale.
Alessandro Penati, che guida il Fondo Atlante, ha dichiarato che la BCE valuterà le indicazioni fornite dal comitato degli investitori. E’ vero?
Noi non vigiliamo sul Fondo o sulla società che lo gestisce. Banca d’Italia vigila su di essa, noi vigiliamo sulle banche. Naturalmente ci importa che le azioni di questo fondo siano orientate in modo deciso verso un rafforzamento prudenziale della banca che ha acquisito, e delle altre banche che verranno. Voglio sottolineare due cose: Atlante si dovrà occupare di questioni che attengono la governance interna, la nomina del nuovo Consiglio di Amministrazione, la valutazione del management. Tutte queste scelte devono dare un segnale di chiara discontinuità rispetto alla gestione storica della banca che è alla base dei problemi attuali. La seconda cosa è che esiste un Comitato di investitori le cui deliberazioni non sono vincolanti. Questo è un aspetto importante perché alcuni di questi investitori sono banche, potenzialmente in concorrenza con le banche in cui Atlante investirà. È importante che la dirigenza del fondo agisca in maniera indipendente. Noi siamo supervisori di banche e faremo di tutto perché questa operazione abbia successo e per quello che possiamo, nei limiti del nostro mandato, cercheremo di appoggiare le azioni del Fondo Atlante.
A che prezzi il fondo Atlante opererà sui crediti deteriorati?
Non c’è dubbio che l’operazione dovrà avere caratteristiche di mercato, questo è importante anche per la fiducia degli investitori. Nel caso dei crediti deteriorati, esiste una forchetta tra il prezzo offerto dai compratori e il prezzo richiesto dalle banche. Questa forchetta deve essere ridotta anche attraverso provvedimenti legislativi che rendano più facili la riscossione dei crediti e la liquidazione del collaterale. Il governo ha adottato un provvedimento la settimana scorsa, lo studieremo per valutare in che misura agevolerà questo processo.
E’ in grado di dire se questo provvedimento ridurrà in maniera significativa i tempi medi di riscossione?
Il comunicato stampa della Presidenza del Consiglio, in cui si citavano alcuni aspetti, sembrava indicare che i provvedimenti di pegno non proprietario e patto marciano valessero essenzialmente sui nuovi crediti. Stiamo valutando il testo completo, che è appena uscito, per capire che effetto può avere sui crediti esistenti. È su quello che gli investitori e lo stesso fondo contano.
Sembra che il fondo Atlante non sia riuscito a incoraggiare gli investitori a comprare le azioni della Banca Popolare di Vicenza. Piuttosto, il contrario. Non la spaventa questa dinamica?
L’iniziativa Atlante è stata varata pochi giorni fa, è una cosa nuova e già i mercati hanno risposto in maniera non negativa. Gli investitori prima di impegnarsi vogliono vedere maggiori dettagli e questo farà parte del lavoro che il fondo farà nei prossimi mesi. Non vedo segnali di sfiducia in questa iniziativa in questo momento.
Avete richiesto molti aumenti di capitale per le banche italiane Ci sono state carenze nella vigilanza della Banca d’Italia prima della creazione del SSM?
Gli aspetti storici e il pregresso di questi problemi non sono di nostra competenza, né sono una cosa su cui ci concentriamo. Andiamo avanti, guardiamo la situazione com’è. Il lavoro con la Banca d’Italia è continuo e serrato, condividiamo le finalità. La Banca d’Italia fa parte dei gruppi di vigilanza e poi è rappresentata nel Consiglio di Vigilanza. Siamo in sintonia per quanto riguarda gli obbiettivi. La scommessa della vigilanza della BCE, specialmente nella fase di avvio, sta nel combinare la conoscenza approfondita delle singole banche che è ancora proprietà delle autorità nazionali, con la chiarezza del mandato, l’indipendenza e la capacità di iniziativa della BCE. Se queste due cose si mettono insieme, il potenziale della vigilanza unica è notevolissimo e non parlo solo d’Italia. Siamo al lavoro in parecchi Paesi, sia del centro-nord, sia della fascia mediterranea dell’Europa.
Una critica che vi viene mossa in Italia è quella di accanirvi contro le banche italiane, di concentrarvi in maniera esagerata sui crediti deteriorati e di tralasciare altri problemi come i derivati nelle banche tedesche. Come risponde a queste critiche?
La critica l’ho sentita, ma non la condivido. Naturalmente ogni critica è positiva e stimolante. Il nostro modello di vigilanza non è sbilanciato né a favore né contro alcun particolare modello di business. Quello che guardiamo sono i rischi. I rischi nel sistema sono rischi di credito e di mercato. In questo momento i rischi di credito sono particolarmente consistenti, ma non dimentichiamo assolutamente i rischi di mercato. Per esempio, abbiamo in corso un’analisi sui modelli interni, per capire se siano tecnicamente fondati e tengano conto dei rischi in maniera corretta. Esiste una normativa di cui dobbiamo tenere conto. Una di queste è la normativa sulla leva finanziaria (leverage). Questo requisito entra in vigore nel 2018. Noi non possiamo imporre un vincolo di leverage; possiamo monitorarlo, farlo pubblicare e essere sicuri che tutte le banche lo calcolino in maniera corretta. I rischi di mercato beneficiano anche di questo. Il problema dei NPL in Italia e altrove non va minimizzato – i numeri parlano da soli – dunque non si può parlare di accanimento. Questa è una percezione errata.
In un’intervista a Repubblica, il Commissario Margrethe Vestager ha detto che non ci sono eccezioni al bail in per ragioni di stabilità finanziaria. Condivide questa interpretazione?
L’interpretazione della normativa spetta in primo luogo alla Commissione, quindi non commento quello che il Commissario ha detto. Ci sono state due fasi di normativa sugli aiuti di stato. Una è la comunicazione del 2013, la seconda è l’entrata in vigore dei provvedimenti sul bail in nella BRRD di quest’anno. Nella prima, che è ancora in vigore e che si applica se la banca non è in risoluzione, si dice che in caso di rischi di stabilità finanziaria o di effetti sproporzionati, sono ammesse eccezioni al bail in del debito subordinato. Anche la BRRD contiene un paio di provvedimenti in proposito. Uno riguarda eccezioni al bail in di determinati strumenti, sempre in caso di rischio di contagio o di effetti sproporzionati. In un altro si prevede che la risoluzione non scatti, anche in caso di aiuti di Stato, se vi sono seri disturbi economici e finanziari, purché l’aiuto avvenga in determinate forme. In ogni caso, anche questo provvedimento non è un’esenzione: le banche devono comunque predisporsi a priori al fatto che ci debba essere un 8% di passività a cui si può applicare il bail in. In caso di crisi sta alla Commissione, insieme al Comitato di Risoluzione Unico (Single Resolution Board), in consultazione con la vigilanza BCE, applicare queste norme.
I rimborsi automatici fatti dal governo italiano sono compatibili col bail in?
Questi rimborsi riguardano investitori che avrebbero investito sulla base di un’informativa non completa. È un caso a parte, non riguarda la cornice generale del bail in. È un caso specifico nel quale, sulla base di determinate valutazioni, si ritiene che alcuni investitori abbiano effettuato degli investimenti senza possedere le informazioni necessarie e corrette. In questo caso si è deciso di intervenire con questo provvedimento specifico. Non andrei a collegare questo provvedimento con la disciplina sul bail in altrimenti sembra una cosa che avviene in ogni caso. Questo mi dà lo spunto per dire che informazione e trasparenza sono una cosa fondamentale. Questi provvedimenti sul bail in sono stati approvati da tutti gli Stati ed erano scritti da parecchio tempo: è importante che ci sia piena informativa e trasparenza. Questi aspetti sono di competenza dell’autorità nazionale e delle banche. Gli aspetti regolamentari e l’applicazione spettano alle autorità europee e alla Commissione per le banche principali che sono vigilate direttamente dalla BCE.
La Banca d’Italia crede che il bail in aumenti l’instabilità finanziaria e il governatore ha chiesto una revisione delle norme alla prima occasione utile. Lei è d’accordo con questa interpretazione?
Le revisioni sono previste dalla normativa, e consistono nel guardare come la normativa sia stata applicata in casi concreti e, laddove necessario, se ci possano essere degli aggiustamenti. Questo fa parte della prassi. Sarebbe nella natura delle cose, che quando viene il momento di fare questa revisione, ci possano essere dei chiarimenti o degli aggiustamenti. La BRRD va vista nel suo complesso. Prevede due cose molto importanti, tendenti a ridurre il rischio sistemico: la prima è che le autorità di risoluzione devono predisporre dei piani di risoluzione per ogni banca. Questa è una cosa che va nella direzione di ridurre i rischi, perché riduce il “too big to fail”. Secondo, le banche devono avere abbastanza risorse per la risoluzione. Una volta che queste cose sono fatte il sistema è più stabile. Non c’è dubbio che la transizione vada gestita in maniera accorta perché partiamo da una situazione con dei rischi bancari.
Lei crede che avere molti titoli di stato nei propri bilanci aumenti i rischi per il settore bancario?
Non vi è dubbio che i titoli di stato siano rischiosi: in maniera diversa a seconda delle caratteristiche dei singoli paesi, ma non sono privi di rischio. Gestirli come se fossero privi di rischio crea degli incentivi a canalizzare i fondi in maniera non corretta e, alla lunga, a penalizzare il reddito e l’occupazione se il settore privato non riceve i finanziamenti adeguati. Ribilanciare gli incentivi in maniera corretta è un principio innegabile. Questo va fatto però con cautela, gradualità e tenendo presente alcune cose. Primo, i titoli di Stato in alcuni paesi hanno un ruolo fondamentale nel funzionamento del sistema finanziario. Questo va salvaguardato. Secondo, è necessaria una certa gradualità per evitare contraccolpi. C’è una transizione da fare e in un caso come questo vanno evitati vincoli rigidi. Bisogna lavorare con dei provvedimenti che abbiano gradualità e flessibilità, per esempio attraverso ponderazioni, per esposizioni o per la concentrazione, che entrino in vigore in maniera graduale. È evidente poi che una riforma di questo genere deve tenere conto anche del contesto fuori dall’Europa. Il comitato di Basilea è al lavoro dall’anno scorso su questo argomento. Ci sono dei punti di vista molto diversi. Quello che l’Europa fa deve iscriversi, come normalmente accade, nell’ambito di una riflessione che ha rilevanza internazionale.
Lei ritiene che fino a quando non c’è un accordo su questo tema è impossibile avere una garanzia comune sui depositi?
No, assolutamente. Quella è la terza gamba dell’unione bancaria, quindi va realizzata, secondo un progetto. La Commissione ha pubblicato un progetto che è un’ottima base di partenza. È graduale ma indica chiaramente il punto di arrivo. Questa gradualità permette anche di realizzare in parallelo una riduzione dei rischi mentre si aumenta la mutualizzazione delle garanzie. Quello che posso dire con chiarezza è che la vigilanza BCE sta contribuendo in maniera determinante alla riduzione dei rischi. L’idea che la vigilanza BCE avrebbe gradualmente ridotto i rischi e questo avrebbe lasciato spazio per una maggiore mutualizzazione era già presente con la creazione dell’unione bancaria. La riduzione dei rischi e la creazione di garanzie devono procedere di pari passo.
Ci sono delle banche di cui oggi un italiano deve essere preoccupato?
Noi lavoriamo su tutte le banche per migliorarle, perché ci sono situazioni individuali, interconnessioni, situazioni di sistema. Detto questo, ci sono differenze fra le banche.
Monte dei Paschi di Siena vi preoccupa?
Il Monte dei Paschi è un caso specifico perché è molto grande rispetto a quelle su cui il Fondo Atlante sta cominciando a intervenire. Ha una elevata quantità di crediti deteriorati. È ancora in corso la ricerca di un partner. La soluzione cartolarizzazione più Atlante, data la dimensione del fondo e data la dimensione di MPS, a bocce ferme, evidentemente non è proponibile. Un intervento di questo tipo su MPS richiederebbe risorse di ordini di grandezza diverse. È un caso su cui bisogna lavorare.
Crede che i tassi d’interesse così bassi possano portare a rischi di instabilità finanziaria?
Questa situazione con i tassi d’interesse molto bassi e ora addirittura sotto zero è evidentemente nuova, sia per chi gestisce la politica monetaria, sia per chi supervisiona le banche. C’è molta meno esperienza. Quello che è evidente è che da un lato le banche vengono colpite perché i margini si riducono, e dall’altro si avvantaggiano se questa politica avvantaggia l’economia reale o se procura delle plusvalenze sui titoli a lunga. Bisogna vedere il bilanciamento fra i due aspetti che dipende anche dal modello di business. Poi c’è la questione di cui alcuni si preoccupano, della ricerca del rischio, per cui aumenterebbero i rischi sistemici. Questo sconsiglierebbe di tenere i tassi d’interesse a livelli bassissimi per lunghi periodi. Non c’è dubbio che le banche devono adeguare i loro modelli di business ad una realtà in cui i tassi d’interesse sono bassi per un periodo molto prolungato. Noi guardiamo anche l’attitudine al rischio all’interno delle banche per verificare che questi pericoli non si manifestino.
Vede dei particolari rischi di stabilità finanziaria sulle banche tedesche a causa dei tassi così bassi?
Nell’immediato, assolutamente no. Ma bisogna evitare che i tassi bassi portino a prendere rischi ingiustificati e bisogna fare in modo che la ridotta profittabilità non vada ad aumentare i rischi. Però abbiamo visto che le banche si difendono abbastanza bene sul fronte dei margini d’interesse, rispetto alla riduzione dei tassi. Ultimamente le banche sono più colpite nella loro redditività dagli accantonamenti per i crediti deteriorati, piuttosto che dal lato dei margini.
La BCE ha inviato questa settimana a Veneto Banca una lettera che sottolinea i criteri di indipendenza e professionalità nella nomina dei consiglieri. Perché?
Siamo convinti che un passaggio obbligato e fondamentale nel consolidamento di molte banche, specie quelle con alti livelli di crediti deteriorati, sia essere più rigorosi proprio nei requisiti di indipendenza e professionalità degli amministratori. I codici etici più avanzati, che oggi tendono a diventare la regola ovunque, impongono di prevenire qualunque rischio di conflitto di interesse, o anche la percezione di esso. La normativa oggi mette in mano alla vigilanza strumenti più efficaci che in passato. La vigilanza BCE ha lavorato molto su questi temi negli ultimi mesi, mettendo a punto criteri e metodologie che verranno presto utilizzate. Contiamo molto sulla loro efficacia.
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